Il nome criptovaluta è decisamente fuorviante. In realtà bitcoin non è ad oggi considerata una vera e propria valuta (ha corso legale solo in pochi Paesi). Bitcoin è un bene digitale, una proprietà digitale. La SEC (Securities and Exchange Commission) americana, ovvero l’equivalente della Consob italiana, lo ha definito property (diverso quindi da security, ovvero strumento finanziario). Bitcoin è quindi a tutti gli effetti un bene, un asset, come lo è una casa o un terreno.
Le altre “criptovalute”, su cui la SEC non si è ancora espressamente pronunciata, sono invece assimilabili più a degli strumenti finanziari (in inglese securities). In pratica sono come dei titoli azionari di aziende che operano nel campo della blockchain. Purtroppo, in assenza di una regolamentazione chiara, queste aziende operano senza gli obblighi di trasparenza e rendicontazione tipici delle aziende quotate in borsa. E hanno spesso molti dei seguenti elementi: dei fondatori noti, un management team che eventualmente può modificare il protocollo, una tesoreria, hanno iniziato facendo fundraising, ci sono dei token premined, ovvero creati prima di creare il network. In sostanza, possiamo dire che le altre criptovalute sono in buona parte centralizzate.
L’importanza dell’effetto network
Bitcoin è la prima criptovaluta ed è quella più diffusa. E nell’informatica la diffusione, il cosiddetto “effetto network”, è fondamentale.
Dal punto di vista tecnico Bitcoin non è altro che un protocollo, cioè un insieme di regole che stabilisce il modo in cui più computer comunicano tra loro. Altri protocolli che usiamo ogni giorno sono, ad esempio, TCP/IP, che usiamo per collegarci ad internet, o http, che utilizziamo per visualizzare un sito sul nostro browser, o, ancora, SMTP, che usiamo per inviare e ricevere le email.
Tutti questi protocolli non sono per forza tecnicamente i migliori ma sono quelli che si sono diffusi più rapidamente. E poiché fanno quello che devono fare sufficientemente bene, è molto difficile vengano soppiantati dai loro concorrenti. TCP/IP ad esempio è sicuramente meno avanzato rispetto ad altri protocolli per collegarsi ad Internet ma, essendo ormai diffuso a livello globale e funzionando sufficientemente bene, non viene sostituito dalle alternative. Addirittura non vengono adottati neanche gli aggiornamenti allo stesso protocollo, dato che quasi tutta la rete Internet utilizza ancora la versione 4 di TCP/IP, creata nel lontano 1980.
Per questo motivo, anche qualora venissero create delle criptovalute tecnicamente migliori di Bitcoin, che si prefiggono gli stessi obiettivi, è improbabile che riescano a sostituirlo. Le alternative a Bitcoin che sono state sviluppate negli anni, che si proclamano migliori in alcuni aspetti (come Bitcoin Cash, Litecoin e molte altri) se inizialmente avevano ottenuto un certo consenso, stanno gradualmente perdendo sempre più terreno rispetto a Bitcoin quanto a diffusione.
Il valore del brand Bitcoin
C’è un altro fattore da considerare ovvero la forza del marchio, del brand. Bitcoin ha un nome ormai molto conosciuto, di gran lunga il più conosciuto nel settore delle criptovalute. Questo da ulteriore forza al suo effetto network e rende più difficile per altre criptovalute prendere il suo posto. E Bitcoin ha conquistato questo primato a livello di branding senza che venisse speso alcun soldo in pubblicità, mentre altri progetti che hanno investito molte risorse per promuoversi non sono hanno avuto lo stesso successo.
Le altre criptovalute devono quindi trovare applicazioni diverse ed avere differenze sostanziali per avere successo, come ad esempio Ethereum, che si propone come piattaforma per eseguire gli smart contract, cosa che Bitcoin non è in grado di svolgere avendo un linguaggio di programmazione molto semplice che permette di inviare e ricevere denaro e poco altro. Possiamo dire che tutte le altre criptovalute sono quindi ancora in una fase sperimentale: stanno per la maggior parte cercando applicazioni diverse da quelle che si prefigge Bitcoin e sono soggette anche a grandissimi e continui cambiamenti nelle proprie regole. Ethereum, che è la criptovaluta più diffusa dopo Bitcoin, nel 2022 ha modificato in maniera sostanziale alcune regole del proprio protocollo, in particolare il proprio algoritmo di consenso (passando dal Proof-of-Work di Bitcoin ad un sistema diverso, chiamato Proof-of-Stake), in qualche maniera ammettendo che quanto costruito fino a quel punto non era una tecnologia scalabile.
Per quanto riguarda Bitcoin, invece, possiamo considerarlo dal punto di vista tecnico non più come un esperimento ma come un prodotto fatto e finito. Infatti, anche se in realtà si lavora in continuazione al suo perfezionamento, i cambiamenti che vengono apportati sono minimi e avvengono in maniera molto lenta perché Bitcoin è in grado di svolgere già sufficientemente bene la funzione per il quale è stato creato.
Image Credits: Yegor Petrov