Satoshi Nakamoto è lo pseudonimo della persona (o del gruppo di persone) che ha inventato Bitcoin. Nel novembre 2008 ha pubblicato il cosiddetto whitepaper del protocollo Bitcoin, ovvero un pdf in cui si descrive il funzionamento.
A inizio 2009 ha distribuito il relativo software ma dal 23 aprile 2011 è sparito nel nulla. La cosa sensazionale è che sono diversi i momenti in cui Satoshi avrebbe potuto lasciare delle tracce, ad esempio l’indirizzo IP di quando ha creato l’email o registrato il dominio bitcoin.org. Invece, probabilmente intuendo già la portata della sua invenzione, è stato talmente attento e meticoloso da non lasciare alcuna traccia di sé. Nella sua ultima email del 12 dicembre 2010 scrive:
“I’ve moved on onto other things. It’s in good hands with Gavin and everyone”
ovvero dice di essere passato ad occuparsi di altro e che ora è in buone mani con Gavin (Andersen, uno dei primi sviluppatori che ha lavorato su Bitcoin) e tutti gli altri. Tra questi “altri” c’è sicuramente Hal Finney, forse colui che ha contribuito di più al progetto essendo quasi l’unico che rimane dall’inizio alla fine, essendo sempre il primo a testare le innovazioni proposte e moderando molte discussioni della mailing list dedicata a Bitcoin. Hal è anche colui che ha ricevuto la prima transazione della storia di Bitcoin ricevendo dallo stesso Satoshi 10 bitcoin (che al tempo non avevano alcun valore), e quindi uno dei sospettati principali di essere proprio Satoshi Nakamoto.
Satoshi ha voluto dare l’impressione di essere sparito. Ha voluto togliere l’attenzione su di sé. Ma come può un grande inventore, dopo aver comunicato al mondo la sua creazione, passare di colpo a dedicarsi ad altro, proprio sul più bello? Nell’aprile del 2011, infatti, bitcoin superò il valore di 1 dollaro, certamente un traguardo non indifferente, ed una capitalizzazione di circa $ 20 milioni, che oggi può sembrare ridicola ma era comunque indicativa che il progetto stava rapidamente prendendo piede.
Perché è sparito proprio quando il suo progetto stava decollando? Forse perché sapeva che per creare la macchina decentralizzata perfetta mancava solo un elemento, ovvero “eliminare” ogni traccia del suo creatore. Fino a quel momento Bitcoin non era totalmente decentralizzato, senza di lui lo sarebbe diventato.
Predecessori di Bitcoin
Ma allora chi era davvero Satoshi? Era una persona o un gruppo di persone che a turno usavano questo pseudonimo? I nomi dei primi programmatori che hanno lavorato su questo progetto con Satoshi sono noti e, in generale, tutti coloro che appartenevano al movimento dei Cypherpunk, movimento che sostiene l’uso intensivo della crittografia informatica come parte di un percorso di cambiamento sociale e politico, sono possibili candidati.
Bitcoin non è certo nato dal nulla. Negli anni precedenti la sua nascita erano stati lanciati progetti simili che poi però per un motivo o per l’altro erano tutti falliti. eCash (di David Chaum), E-gold (di Douglas Jackson and Barry K. Downey), Hashcash (di Adam Back), B-money (di Wei Dai), BitGold (di Nick Szabo) sono solo i più famosi. Satoshi potrebbe essere uno di loro, oppure esserlo tutti, oppure nessuno di loro. Poco importa. Bitcoin è open-source, è stato creato per la collettività e tutti possono contribuire al suo sviluppo. Bitcoin mette insieme il meglio di questi esperimenti e di altre invenzioni frutto della ricerca di diverse decine di anni.
eCash in particolare, lanciato negli anni ’80, di fatto era la prima forma funzionante di denaro digitale. David Chaum, il suo fondatore, aveva risolto il problema principale, il “double spending”, ovvero che con una moneta digitale fino a quel momento era possibile spendere il saldo mandando contemporaneamente il totale a due persone. Chaum brevettò nel 1983 il sistema delle “blind signatures” (che sono alla base del funzionamento di Bitcoin) e fino al 2005 nessuno poté usare questa tecnologia. Per questo solo alcuni anni dopo è potuto nascere Bitcoin.
Alcuni di coloro che avevano lanciato questi progetti poi falliti sono stati proprio i primi ad aiutare Satoshi nello sviluppo di Bitcoin, tra cui Wei Dai, Adam Back e Nick Szabo. Satoshi stesso descrive Bitcoin come l’implementazione di Hashcash di Adam Back, B-money di Wei Dai e di BitGold di Nick Szabo, e di aver utilizzato le scoperte di Raplh Merkle e di Haber e Stornetta. Tutti i precedenti fallimenti hanno permesso a Satoshi di imparare dai loro errori e di mettere a punto il protocollo perfetto che ha avuto successo laddove tutti gli altri esperimenti avevano fallito.
Chi si autoproclama di essere Satoshi
È davvero improbabile, invece, che chi afferma di essere Satoshi, come Craig Wright, lo sia effettivamente, in quanto metterebbe se stesso in pericolo e anche l’esistenza della sua stessa creazione, dato che toglierebbe un po’ della decentralizzazione di cui gode avendo invece un fondatore anonimo. Craig Wright è stato smentito addirittura da questo messaggio firmato sulla blockchain da degli indirizzi che lui sosteneva di possedere:
“Craig Steven Wright is a liar and a fraud. He doesn’t have the keys used to sign this message. The Lightning Network is a significant achievement. However, we need to continue work on improving on-chain capacity. Unfortunately, the solution is not to just change a constant in the code or to allow powerful participants to force out others. We are all Satoshi”.
Questo messaggio, oltre a mettere in ridicolo Craig Wright, tanto da meritarsi nella cripto community il soprannome di Faketoshi, ha anche espresso in maniera molto efficace uno dei concetti alla base della filosofia di Bitcoin. “We are all Satoshi” mette l’accento sulla caratteristica principale di Bitcoin, ovvero la decentralizzazione, e sembra invitare i “curiosi” a smetterla di indagare sulla sua identità perché lui, come singolo, non è poi così importante. Per portare avanti questa rivoluzione, perché di vera e propria rivoluzione si tratta, serve il contributo di tutti. In poche parole, appunto, tutti noi siamo Satoshi.
L’immacolata concezione di Bitcoin
Se dopo oltre 10 anni non si è ancora riusciti a capire con certezza chi sia Satoshi Nakamoto, è possibile che questo mistero non venga mai svelato. E per quanto la curiosità sia grande, se venisse scoperto potrebbe non essere una cosa positiva per Bitcoin. Soprattutto se dovesse essere ancora in vita o comunque si avesse la prova che i suoi eredi hanno la disponibilità di tutti i suoi bitcoin (si stima circa 1 milione di bitcoin).
Una delle caratteristiche che rendono Bitcoin unico e sostanzialmente impossibile da ricreare al giorno d’oggi è proprio il fatto che non si conosca il suo fondatore, una sorta di “immacolata concezione” come è stata definita, il che contribuisce a renderlo la criptovaluta più decentralizzata di tutte e probabilmente una storia talmente affascinante e misteriosa da essere irripetibile.
In fondo non è importante chi sia Satoshi Nakamoto, anzi forse è meglio che non si sappia mai. Perché alla fine con Bitcoin tutti possono contribuire a migliorarlo proponendo modifiche del codice. Quindi al di là di chi abbia messo insieme le regole iniziali, è la collettività che contribuisce alla sua evoluzione e ne sancisce il successo. Come recita quel messaggio scritto sulla blockchain e diventato uno dei motti principali del movimento: “We are all Satoshi”.
Image Credits: Yegor Petrov